Yemen : grattacieli d'argilla

Il viaggio di cui Vi parlo si è svolto nel 1996, a quel tempo non tenevo un'agenda dei viaggi e quindi i ricordi a volte si confondono, ci sono le foto, beh anche quelle devo dire che trattandosi di diapositive scannerizzate non sono il massimo, ma se io continuo di questo passo figurarsi chi se le guarda le pagine di questo sito, e poi, magari, scrivendo qualcosa mi torna in mente !

In questi ultimi tempi lo Yemen non brilla molto nelle cronache, ed anche nel 1996 ci furono diversi rapimenti di occidentali anche se non cruenti, il più delle volte venivano tenuti in ostaggio per far si che le autorità locali, pressate dai governi stranieri tenessero fede alle promesse fatte alle varie tribù, tipo realizzare una scuola in un villaggio oppure portarvi l'acqua, sicuramente c'era ostilità verso gli americani ma non verso gli italiani, anzi direi che eravamo ben visti, anche se un paio di volte .... ma veniamo al racconto.

Eravamo un gruppo di dodici più 2 autisti con 2 jeep, leggermente malconce, arrivammo a Sanà nel pomeriggio e la prima cosa che mi colpì fu la polvere , non per nulla lo chiamammo il Paese delle "3P" : pane, pollo e polvere ... la città è solcata da un fiume ma durante il periodo estivo funge da autostrada, potete immaginare quindi la polvere che aleggia !


La seconda cosa a cui prestai attenzione era l'abbigliamento degli uomini, di donne jambiyase ne vedevano poche ed il fatto del velo non era proprio una cosa mai vista, invece non avevo mai visto la "divisa" maschile : pantaloni larghi di tela leggera, camicia con giacca, un foulard in testa, vistosa cintura che tratteneva la "jambiya" : un bel coltello a lama larga ricurva, spesso con il manico ornato da pietre o comunque ben lavorato, alcuni, e non pochi con un bel kalashnikov a tracolla ! d'altra parte ognuno si fà notare come può ...

Dopo un breve giro di perlustrazione ci ritrovammo in un ristorantino dove la specialità erano dei pesci fatti arrostire attaccati alle pareti interne di enormi giare in terracotta, quindi rientrammo nel nostro alberghetto pronti per una buona dormita, altra piccola curiosità : i letti come li intendiamo noi non erano molto diffusi, esistevano soprattutto delle stuoie poste direttamente sul pavimento d'argilla, per fortuna che avevamo portato dei materassini !

sana'

Il giorno seguente l'abbiamo trascorso nella visita della città, dei vari suk (mercati) quello del sale, dello zibibbo, delle uve, dei fichi, delle corde, dei vasi... , ma quello che mi colpì più che i mercati fu l'architettura della città, mi sembrava di vivere nella Firenze del Rinascimento per la fastosità dei palazzi e nello stesso tempo in qualche borgo alto-medioevale per esempio nelle strade non c'erano canali di scolo, i bagni delle case scaricavano direttamente nella strada !

 

Quanti bimbi ci saranno nello Yemen ? me lo sono chiesto tante volte, specialmente nella capitale ce n'erano tantissimi, molte volte anche loro vestiti con pantaloni lunghi, camicia e giacca ! i loro giocattoli erano fantastici, quello che non facevano con delle latte è impensabile, camioncini con il ribaltabile, lanterne e persino il calcio balilla ! sana'


Durante la permanenza a Sanà ne approfittiamo anche per visitare poco Dar el Hajjarlontano il "Dar el Hajjar" cioè una residenza estiva degli Imam che fù costruito nel 1936 su uno spuntone di roccia, molto suggestivo dal punto di vista architettonico e per le vetrate veramente elaborate.

Lasciamo la capitale e ci dirigiamo verso nord anche se la zona non è tra le più sicure del paese, ci dicono che numerose tribù sono in contrasto e che talvolta ci sono problemi con i tutisti, non ci lasciamo intimorire e ci dirigiamo verso Sharara, si dice che sia un posto da non perdere ! Prima di partire, però, i nostri autisti fanno scorta di qat, si tratta di un'erba che viene masticata per ore e che dovrebbe dare delle sensazioni come una droga, abitudine diffusissima; l'ho provata ma dopo un paio d'ore mi sono stufato senza aver avvertito un bel niente, magari mi avevano dato della malva !

Dopo qualche ora di percorso ci fermiamo in un piccolo villaggio per sgranchirci le gambe, niente di fantastico ma di questo posto mi sono rimasti in mente dei bimbi che si affacciano a delle finestre-fessure di un'abitazione e che ridono dei buffi turisti. In 5 ore percorriamo su strette strade sterrate circa 40 km per arrivare al villaggio di Al Gabai, dove i nostri autisti ci spiegano che non possiamo proseguire con le loro jeep perchè inadatte al sentiero che dovremo percorrere, ci vogliono dei pick-up più stretti perchè da Al Gabai a Sharara il percorso sarà ancor più difficoltoso, ed in effetti... Chi legge può pensare che in questo villaggio ci sia un'agenzia o qualcuno che noleggia i pick-up, non è proprio così, mi spiego meglio : nella piazza del paese da dove inizia la stretta erta strada per Sharara ogni giorno si presentano i rappresentanti di 2 diverse tribù che noleggiano gli automezzi, quindi chi è interessato deve rivolgersi alla tribù di turno, qualche volta nascono delle dispute perchè non tutti i giorni ci sono turisti e anche per noi la decisione su chi spettasse il turno fu decisa tra qualche spiantone e qualche raffica di mitra in aria fra le due fazioni, comunque la questione fu risolta ! Sharara, posta a 2600 metri sul livello del mare, è stata molte volte la residenza dell'Imam proprio per l'inaccessibiltà, il sentiero ripidissimo e strapiombante gira attorno alla montagna per arrivare quasi alle soglie del villaggio ad un ponte di pietra facilmente difendibile, il paesaggio attorno è ricco di campi irrigati e ben coltivati.
Quando arriviamo a Sharara è quasi l'ora del tramonto e i muri in pietra si colorano di rosa, facciamo appena in tempo a sistemarci in un funduk (alberghetto !) e a mangiare a lume di candela o con le notre torce, qua la corrente elletrica non esiste.
Il mattino successivo visitiamo il paese : una bella moschea, una grande vasca che raccoglie l'acqua piovana dove le donne vengono a rifornirsi, infine partecipo alla raccolta molto ingegnosa di fichi d'india da parte di alcuni bimbi e poi discesa a piedi sino ad Al Gabai. vedi le foto


Il nostro viaggio prosegue, tocchiamo Al Hadaydah (Hodeyda) dove i nostri autisti si riforniscono di qat, noi visitiamo alcuni negozi che espongono le jambiya ed un buon assortimento di mitra (!!) un mercato di verdure varie e, più interessante il mercato delpesce, dove in un caos generale vengono venduti pesci di tutte le taglie a prezzo zero, almeno per le nostre tasche. foto

casa di pasoliniProseguendo ancora verso sud tocchiamo la località di Zabid, resa famosa da Pasolini perchè qui girò il film "Il fiore delle mille e una notte", ma ancor di più perchè in una delle sue università fu elaborato il sistema matematico "Al-Jabr" (Algebra), adesso di questa piccola città restano solo pochi ruderi e la casa di Pasolini.
Il punto più a sud della costa orientale è la città di Al Makha (Mokha), quella che che XV secolo fu la città più importante per l'oriente per l'esportazione del caffè verso l'occidente, sinchè paesi come la Francia, l'Inghilterra e l'Olanda impiantarono loro proprie coltivazioni a Ceylon, Giava e in Brasile per una produzione diretta, da qui il declino di Al Makha. Attualmente la bevanda più diffusa nello Yemen è il thè, ma non mancano nei funduk grandi stanze dove gli uomini si ritrovano per masticare qat e sorseggiare il gawali (caffè arabo) che deve essere "nero come la notte, caldo come l'inferno e dolce come l'amore".

 

bir aliDa Al Makha la direzione dei nostri fuoristradaproseguetramonto quasi parallela alla costa verso est, sino a raggiungere la bianca spiaggia di Bir Ali con alle spalle un cono grigio del vulcano, forse a mio giudizio il posto di mare più bello di tutto le Yemen, ma con un caldo ed un'umidità incredibile; decidiamo di passare la notte in una specie di campeggio sulla spiaggia fornito di un tavolo, dei letti fatti con corde intrecciate e sollevati da terra e poco più, devo dire che quasi tutti abbiamo trascorso una notte insonne, ma sicuramente ripagati dal tramonto !

Il mattino seguente i nostri autisti ci informano che alcuni gruppi di turisti occidentali sono stati sequestrati in questa area pochi giorni prima e per questo dovremo attendere una scorta per ogni jeep, naturalmente a pagamento che ci accompagnerà per circa 100 km. Inizialmente pensiamo che sia lo solita scusa che spesso salta fuori in certi paesi appunto per far cassa, ma quanto sopra ci viene confermato anche da notizie che ci giungono dall'Europa e così accettiamo la scorta ed il relativo pagamento (la scorta era composta da un ragazzetto con un mitra MAB che poteva essere più pericolo per lui che non per un eventuale aggressore!).

Proseguiamo verso nord, siamo nella regione Hadramaut forse la zona più calda dello Yemen, ma anche molto bella, la nostra pista ci porta sul bordo del Wadi Hadramaut, la parola Wadi qui come per esempio nel Mali significa canyon e quello che vediamo qui lo so può paragonare q quello ben più famoso dell'Arizona, visitiamo la città di Tarim dove i palazzi sono riccamente decorati e dove fra i secoli XVI e XIX esistevano 365 moschee, una per ogni giorno dell'anno, adesso la più importante è quella di Al Muhdar con un minareto alto più di 50 metri, c'è poi il Palazzo del Sultano (visitabile) e veramente molto interessante la biblioteca Al-Ahqaf con antichissimi manoscritti miniati, anche se per noi illeggibili l'atmosfera all'interno ci riporta indietro nel tempo, regna un silenzio assoluto insieme ad una certa modernità data da alcuni schermi dei computer. Gli alti palazzi sono costruiti con mattoni di fango impastato ed essicato al sole e spesso incontriamo operai che li producono, sembra impossibile che tali edifici riescano a resistere, c'è da dire che siamo in una zona desertica e le piogge sono rare, ci stiamo avvicinando alla mitica Shibam, la "Manhattan del Deserto" chi sà cosa ci aspetterà. hadramaut

Lasciata da poco Tarim incontriamo sulla pista un gregge di capre precedute da esili figure nere con in capo un cappello di paglia con una larga tesa ed un alto cono, ma mano che ci avviciniamo dal tono della voce comprendiamo che sono donne, ma possiamo dedurlo proprio solo dalla voce perchè sono completamente ricoperte di nero, i nostri autisti ci spiegano che si tratta di un costume locale molto popolare, sicuramente collegato all'Islam.shibam

La pista ci fà giungere in prossimità di "Manhattan" in maniera teatrale, la scorgiamo dall'alto e restiamo stupefatti, veramente si parano dinanzi a noi palazzi alti anche 10 piani fatti d'argilla, il colore và dal bianco, al marrone al rossiccio, sono tutti quasi attaccati l'uno con l'altro e sembrano sostenersi, alcuni sono chiaramente inclinati.
I nostri autisti fermano i fuoristrada e nel silenzio del deserto che abbiamo alle spalle ammiriamo questo paesaggio che potrebbe anche essere un miraggio : SHIBAM

Parcheggiate le jeep ci addentriamo, ed proprio il caso di dire perchè si tratta di stretti vicoli, nella città dove tanti muratori sono al lavoro, chi produce mattoni, chi restaura una facciata, Shibam è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'Unesco nel 1980 circa, fortunatamente giungono contributi e si riesce a restaurare e conservarla anche se nel 1989 è stata fortemente danneggiata da violente piogge. La parte interna della città offre qualche piazza e palazzi importanti, molti originali del XVI secolo anche se continuamente restaurati e/o rifatti, le grate intagliate in legno così come le porte sembrano ricamate ed una diversa dall'altra, purtroppo, specialmemte in passato, oggetto di antiquari senza scrupoli.shibam

 

al tramonto



Gli autisti si sono raccomandati di tornare alle jeep prima delle 17,30 dicendo che è anche molto importante e che comunque avremo tempo anche il giorno dopo per visitare la città, abbiamo pensato che forse hanno una loro particolare urgenza, comunque rispettiamo l'impegno e così sui fuoristrada ci allontaniamo da Shibam in direzione di una vicina altura, intanto si alza un vento abbastanza forte generato dal calar del sole, il cielo diventa rosato, sia per l'imbrunire sia per la sabbia del deserto sollevata nell'aria, queste le immagini di Shibam al tramonto ....





 

 

Il mattino seguente, dopo un'altra visita della città, riprendiamo il viaggio in una zona che diventa man mano sempre più arida sino a diventare il deserto "Ramlat As Sab'atyn", la sera facciamo sosta in un campo di tende beduini, ospiti in una gigantesca tenda di proprietà del Capo Tribù, in realtà si tratta di un ragazzetto che potrà avere 13/15 anni ma tutti gli portano molto rispetto e quindi non dubitiamo della sua carica. La cena con i prodotti locali procede bene, un poco meno bene il dopo cena, infatti con il buio la sabbia del deserto sembra quasi muoversi, che strano ! ma guardando bene non è la sabbia, si tratta di centinaia di topolini bianchi che girano nei pressi del serraglio dei dromedari, non è facile dormire sulle stuoie pensando ai piccoli roditori che tra l'altro trovano di loro gusto la gommapiuma dei nostri materassini ! Notte insonne !
Al mattino lasciamo l'accampamento e raggiungiamo Marib, il luogo archeologico forse più importante dello Yemen. Purtroppo non ho molte foto di questo luogo anche se bisogna dire che è rimasto pochissimo dell'antica civiltà del Regno di Saba, il Tempio della Luna e quello del Palazzo della Regina di Saba. Le prime tracce dell'antica civiltà risalgono a circa l'VIII secolo a.C. dove in pieno deserto fu costruita una gigantesca diga che riusciva a rifornire di acqua un territorio vastissimo, quindi fertili campi irrigati con un sistema di chiuse ingegnosissimo e che riuscì per circa 1000 anni a rifornire d'acqua circa 30/50.000 persone, si produceva cumino, orzo, miglio, ma anche uva, sesamo e piantagioni di palme, in più era situata in una zona strategica sulla via del traffico dell'incenso che collegava Roma con l'Oriente ... neppure i romani riuscirono a violare le mura di Marib, soltanto con il tramonto dell'antica dinastia di Saba e con l'avvento dell'occupazione etiope inizio il declino che nel V-VI secolo d.C. portò al crollo della diga e quindi l'impoverimento e l'abbandono dell'area. marib

Nel pomeriggio rientriamo nuovamente a Sanà, abbiamo ancora una mezza giornata e ne approfittiamo per visitare qualche suk, ammirare gli antichi palazzi e portarci nella mente i volti dei bimbi e degli anziani, che peccato non aver scritto un diario ! sanà

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